giovedì 12 gennaio 2017

Benessere Intestinale: MICROBIOMA E SALUTE

Un intestino in salute non si valuta
con la regolarità intestinale.
(Articolo scritto per www.lipinutragen.it)
La salute dell’intestino ha un ruolo chiave non solo delle malattie digestive, ma anche di patologie che apparentemente non hanno legami diretti con questo organo; tra questi ricordiamo i disordini di natura immunitaria e metabolica come ad esempio l’asma, le allergie, l’obesità e il diabete di tipo 2. Per un buon funzionamento intestinale* è necessario un equilibrio delle popolazioni dei batteri che lo abitano; queste hanno interazioni con l’organismo ospite che vanno ben oltre le classiche funzioni di protezione da patogeni, di produzione di micronutrienti e di metabolizzazione di farmaci e di tossine.

Microbiota è l’insieme dei microrganismi – principalmente
batteri e in misura minore funghi, protozoi – che coesistono nel corpo umano. Possono risiedere in varie parti come ad esempio sulla pelle, all’interno del naso, nella bocca o nell’intestino. Il microbiota intestinale è quello quantitativamente più consistente e in un adulto pesa all’incirca 1,5 kg.

Microbioma è la somma del patrimonio genetico posseduto dalle specie che abitano nel nostro intestino. Numericamente è da 250 a 800 volte maggiore dei geni delle nostre cellule. Il DNA batterico viene utilizzato dal nostro organismo come un vero e proprio organo per produrre sostanze quali proteine, ormoni e neurotrasmettitori che entrano in circolo nel nostro corpo e ne influenzano il funzionamento e lo stato di salute. 

Questa miriade di microrganismi si è insediata ancor prima della nascita, per crescere gradualmente in numero e in diversità fino a superare di 10 volte la quantità delle nostre cellule e raggiungere una ricchezza di circa 1.000 diversi ceppi batterici. Il tipo di parto, l’alimentazione del neonato e i contatti con l’ambiente in cui cresce saranno fondamentali per la formazione di un microbiota maturo (1). L’importanza di questi commensali enterici sta emergendo soprattutto da una decina d’anni, grazie a tecniche analitiche di ultima generazione – in particolare il sequenziamento genico – capaci di individuare facilmente le varie specie di microrganismi e di studiarne il ruolo in rapporto al nostro stato fisiopatologico.

L’alimentazione ha una funzione determinante nel mantenimento e nel rafforzamento di un ecosistema intestinale equilibrato e diversificato. Quando pensiamo alla nostra alimentazione dovremmo anche considerare quali cibi sono preferiti da una flora intestinale sana. Un aiuto nelle nostre scelte può venire dalle conoscenze sull’alimentazione che ha accompagnato l’evoluzione dell’uomo, nutrendo le specie batteriche al suo interno in un rapporto di mutuo beneficio (2).

Confrontiamo questi elementi “pre-industriali” con alcuni dei cambiamenti alimentari della dieta moderna occidentale che hanno mostrato un impatto negativo sulla salute del microbiota.
Situazione “pre-industriale”
Descrizione
Cosa modificare
Diverso rapporto grassi Omega6:Omega 3 (ω-6:ω-3):
precedentemente vicino a 1:1-2:1, mentre la dieta occidentale arriva anche a 10:1-20:1.

Lo sbilanciamento a favore dei grassi ω-6 induce fenomeni infiammatori. I classici oli di semi, la soia e derivati sono una fonte importante di ω-6.
Incrementare l’uso di semi e oli a più alto contenuto di ω-3: Lino, Chia, Noci.
Aumentare il consumo di pesce a discapito di carni rosse.
Basso apporto di grassi saturi (SFA), in particolare quelli a catena lunga.
Consumo di cibi animali ricchi in SFA e di prodotti che ne contengono (es. olio di palma nei prodotti da forno).
Sedentarietà e patologie metaboliche inibiscono i processi ossidativi dei grassi.
Oltre a quanto già indicato, fare pasti bilanciati, limitare gli spuntini se non si pratica attività motoria.
Maggior quantità di fibre vegetali e ampia varietà delle fonti.
Nella dieta arcaica fino a 100-150 g al giorno mentre attualmente si raggiungono difficilmente i 30 g previsti dalle linee guida.

Le fibre indigeribili sono un cibo essenziale per i batteri da cui producono sostanze utili per la nostra salute. In assenza di fibre vegetali i batteri intestinali si nutrono del gel protettivo che riveste l’intestino (3) e lo rendono sensibile all’infiammazione.
Ogni pasto deve avere una buona componente vegetale: verdura, frutta, legumi, cereali. Scegliere cereali e derivati di tipo integrale.
Consumo di cibi fermentati.

Tecnica antica di millenni, presente in molte civiltà. Si tratta di trasformazioni, sempre ad opera di batteri, che conferiscono nuove proprietà agli alimenti.

Introdurre nella dieta yogurt, kefir o verdure fermentate in piccole quantità, come i crauti.
Assenza di zucchero raffinato o altri zuccheri industriali.
Gli zuccheri semplici erano il 5% e accompagnati da fibre, mentre oggi sono il 25% e raffinati.
Utilizzato in modo eccessivo dall’industria per aumentare l’appetibilità dei prodotti. Lo zucchero e i dolcificanti di sintesi alterano la microflora intestinale in senso obesogeno.
Abituarsi ad una riduzione dello zucchero aggiunto e dei cibi che lo contengono come ingrediente. Attenzione alle etichette e ai nomi che mascherano zuccheri.
Assenza di grassi trans di sintesi.
Si formano con cotture quali le fritture o dall’utilizzo di grassi trans per migliorare la lavorazione e durata del prodotto (“shelf life”).
Non sottoporre gli oli ad alte temperature di cottura. Gli oli ω-3 vanno usati solo a crudo.
Assenza di additivi chimici: conservanti, coloranti, aromi.
Possono alterare la flora intestinale e produrre fenomeni allergici. Introdotti per allungare la “shelf life”. In alcuni casi sono necessari ma in molti altri servono solo per attrarre il consumatore.
Preferire cibi freschi o anche congelati. Evitare i prodotti pre-cotti e i fritti. Leggere attentamente le etichette.
N.B.: queste informazioni sono valide in assenza di patologie intestinali che richiedono indicazioni personalizzate.

Sebbene gli studi sul microbioma stiano aprendo scenari in precedenza impensabili, è bene attendere che le ricerche proseguano per capire le ricadute in termini applicativi per il futuro. Come suggeriscono alcuni autori (4), occorre un cauto scetticismo perché l’aver trovato delle correlazioni non significa aver individuato una nuova causa di patologie e il modo per risolverle. Queste nuove conoscenze potranno quindi essere impiegate della medicina per ricostruire la rete di connessioni tra sistemi biologici e processi nel nostro corpo.

Articolo a cura di: 
Dr. Francesco Bonucci – Biologo Nutrizionista

I consigli alimentari presenti nell’articolo non sono da intendersi sostitutivi di un piano alimentare personalizzato e sono da adattare ai casi specifici.

Bibliografia
(1) Fujimura, K.E, et al. Neonatal gut microbiota associates with childhood multisensitized atopy and T cell differentiation. Nature Medicine, 22 (10) September 2016.
(2) Simopoulos A.P, et al. The importance of a balanced ω-6 to ω-3 ratio in the prevention and management of obesity. Open Heart. 2016; 3(2): e000385.
(3) Desai MS, et al. A Dietary Fiber-Deprived Gut Microbiota Degrades the Colonic Mucus Barrier and Enhances Pathogen Susceptibility. Cell. 2016 Nov 17;167(5):1339-1353.
(4) Hanage W.P. Microbiology: Microbiome science needs a healthy dose of skepticism. Nature. 2014 Aug 21;512(7514):247-8.

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