A cura del dott. Francesco Bonucci per conto di Lipinutragen srl (www.lipinutragen.it)
Età anagrafica. Il limite di età per definire un anziano ha subìto dei cambiamenti nel tempo legati soprattutto all’aspettativa di vita che è diversa nelle varie culture e regioni nel mondo. Nel tardo ‘800 in Inghilterra, ad esempio, si considerava il limite di 50 anni per definire un soggetto anziano, mentre al giorno d’oggi, nei paesi sviluppati, si considera 60-65 anni o l’età individuata dal sistema pensionistico.
Età biologica. Sebbene non ci sia ancora un consenso unanime sull’individuazione di biomarkers predittivi della lunghezza della vita e sul rischio di morte, si può dire che l’invecchiamento dal punto di vista biologico sia un processo caratterizzato da un graduale accumulo di “danni” molecolari e cellulari. Questi determinano un progressivo e generalizzato decadimento funzionale del corpo umano, che si manifesta con una maggiore vulnerabilità rispetto all’ambiente, un incremento del rischio di malattia ed infine della morte [1]. Il grado e il tipo di danni che si accumulano nel tempo hanno una grande variabilità legata alla diversa genetica individuale e all’influenza dei fattori ambientali e comportamentali. Questi danni si manifestano con un declino di funzionalità riscontrabile maggiormente a livello fisico, cognitivo, endocrino, fisiologico e immunitario e contribuiscono alle cosiddette fragilità nell’anziano.
Età anagrafica. Il limite di età per definire un anziano ha subìto dei cambiamenti nel tempo legati soprattutto all’aspettativa di vita che è diversa nelle varie culture e regioni nel mondo. Nel tardo ‘800 in Inghilterra, ad esempio, si considerava il limite di 50 anni per definire un soggetto anziano, mentre al giorno d’oggi, nei paesi sviluppati, si considera 60-65 anni o l’età individuata dal sistema pensionistico.
Età biologica. Sebbene non ci sia ancora un consenso unanime sull’individuazione di biomarkers predittivi della lunghezza della vita e sul rischio di morte, si può dire che l’invecchiamento dal punto di vista biologico sia un processo caratterizzato da un graduale accumulo di “danni” molecolari e cellulari. Questi determinano un progressivo e generalizzato decadimento funzionale del corpo umano, che si manifesta con una maggiore vulnerabilità rispetto all’ambiente, un incremento del rischio di malattia ed infine della morte [1]. Il grado e il tipo di danni che si accumulano nel tempo hanno una grande variabilità legata alla diversa genetica individuale e all’influenza dei fattori ambientali e comportamentali. Questi danni si manifestano con un declino di funzionalità riscontrabile maggiormente a livello fisico, cognitivo, endocrino, fisiologico e immunitario e contribuiscono alle cosiddette fragilità nell’anziano.
TIPI DI DANNI CHE
CONTRIBUISCONO ALL’INVECCHIAMENTO [2]
Gran parte di questi danni sono indotti da radicali liberi, ma limitati dalla presenza di antiossidanti che partecipano a meccanismi di protezione e di riparazione. |
Indipendentemente dal limite
d’età stabilito, l’invecchiamento è accompagnato anche da cambiamenti
fisiologici che hanno un impatto negativo sullo stato nutrizionale. Questi
cambiamenti includono un ridotto senso del gusto e della percezione dei sapori
con conseguente riduzione dell’appetito, oppure una ridotta secrezione gastrica
ed enzimatica con abbassamento dell’assorbimento ad esempio di ferro e vitamina
B12. Infatti, sebbene i fabbisogni energetici si riducano, quelli di nutrienti
rimangono relativamente costanti con gli anni e il rischio di malnutrizione
aumenta. Da tenere presente anche l’assunzione di farmaci, molto diffusa nella
terza età, che possono avere delle interazioni coi cibi e modificare le
necessità di taluni nutrienti.
Si ricorda che i processi di
invecchiamento coinvolgono anche l’efficienza dell’attività degli enzimi e
questo aspetto può risultare accentuato dalla minor assunzione e biodisponibilità
di vitamine e minerali che svolgono funzioni di cofattori, cioè di supporto
all’azione enzimatica. La dieta monotona e poco ricca di pesce e di frutta e
verdura determina ridotti apporti di acidi grassi essenziali. Questa carenza
risulta accentuata dalla difficoltà nel trasformare gli Omega-3 Linolenico e 6 Linoleico
in acidi grassi a lunga catena quali EPA, DHA, GLA e Arachidonico, che tenderanno
con gli anni a diventare essenziali.
Si evidenziano le importanti
funzioni di EPA e di DHA (Omega-3) nella prevenzione del decadimento cognitivo incluso
l’Alzheimer e nella Degenerazione Maculare (trattato nella prossima pubblicazione).
CRITICITA’ NUTRIZIONALI
NELL’ANZIANO
INDICAZIONI NUTRIZIONALI*
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Ridotti apporti proteici con
conseguente perdita di tessuto muscolare (sarcopenia)
Riduzione non fisiologica del
peso corporeo
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Bilanciare il pasti con la
presenza di proteine animali e vegetali a basso contenuto di grassi saturi.
Ad es. frutta secca (noci, nocciole, mandorle), carni magre, combinazione di
cereali integrali e legumi, formaggi magri, uova.
Non concentrare l’assunzione di
proteine unicamente in un pasto al giorno, ma distribuirla nei tre pasti
principali [3].
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Carenze di vitamine e di
minerali - cofattori enzimatici e antiossidanti
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Introdurre verdura e frutta
fresca seguendo la stagionalità. Includere anche succhi e spremute senza
zucchero o centrifughe/estratti. Variare i colori e le tipologie, evitando la
monotonia.
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Dieta sbilanciata o povera di acidi
grassi essenziali - le fonti dei PUFA Omega-6 sono difficilmente carenti,
invece quelle degli Omega-3 risultano facilmente in difetto.
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I PUFA Omega-3 sono
fondamentali per il mantenimento dell’equilibrio delle membrane cellulari e
come molecole di segnale (ad es. nei processi antinfiammatori).
Il pesce, in particolare quello azzurro e il salmone sono ricchi di Omega-3 a lunga catena EPA e DHA. L’olio di semi di lino è una buona fonte vegetale di Acido Alfa Linolenico. |
Monotonia e pasti dissociati
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Variare la dieta e assumere gli
alimenti associandoli tra loro all’interno dei pasti. Così si migliora la
biodisponibilità e esplica l’azione sinergica dei nutrienti e ne rende
possibile gli effetti salutistici.
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Disidratazione, molto frequente
e peggiorata dall’impiego di certi farmaci
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Bere piccole quantità di acqua
durante l’arco della giornata e ai pasti. Aumentare le quantità nei mesi più
caldi.
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* i fattori preventivi
comprendono anche l’attività fisica ed elementi psico-sociali, non trattati
nello specifico.
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