lunedì 28 agosto 2017

Multiculturalismo alimentare

(scritto per www.lipinutragen.it)
Il viaggio dell’uomo
L’evoluzione e la storia dell’uomo sono accompagnate da continui spostamenti geografici, prima fuori dalla culla africana (circa 60.000 anni fa) fino poi a colonizzare tutte le parti del mondo. Si ipotizza che il primo passaggio dell’uomo dall’Europa all’America avviene tra
i 40.000 e i 15.000 anni fa, attraverso lo stretto di Bering, mentre la colonizzazione dell’Australia risale a 50.000 anni fa. Le grandi scoperte geografiche e le esplorazioni che avvengono tra il ‘400 e il ‘500 ad opera delle civiltà occidentali aprono il varco a importanti migrazioni, continuate fino ai tempi moderni.
In questa alternanza tra spostamenti e stanzialità l’uomo ha sviluppato un rapporto con la natura e le risorse alimentari del luogo che ha generato nel tempo una grande diversità di forme di alimentazione. Pur provenendo da zone molto distanti dal loro luogo d’origine, si sono generate delle tipicità alimentari che sono diventate parte dell’identità culturale della terra che li ha accolti. Si pensi al pomodoro, originario delle americhe, che è diventato un ortaggio tipico della cultura mediterranea; un altro esempio sono le patate, provenienti anch’esse dal Sudamerica, ma tipiche della cucina dell’Europa centrale e del Regno Unito.
Il cibo è salute e cultura
Al giorno d’oggi assistiamo a un grande numero di persone che, per diverse ragioni, si spostano tra i paesi e i continenti, generando importanti flussi di migranti, rifugiati, lavoratori, studenti e turisti. Ogni persona porta con sé la propria cultura e si assiste pertanto anche ad uno scambio di cibi e di peculiarità culinarie, con una “contaminazione” delle abitudini alimentari, sia di chi si sposta che di chi accoglie.
In Italia, come in altri paesi che accolgono persone straniere, si sta verificando una crescita di cibi etnici* con l’acquisizione di stili alimentari alternativi. L’offerta di ristorazione si è notevolmente arricchita di nuove proposte, talora modificate rispetto alla versione originale, per incontrare i gusti del paese ospitante combinando ingredienti locali con altri importati.
Secondo una recente indagine del Censis sull’orientamento degli acquisti alimentari degli italiani nella grande distribuzione organizzata emerge che:
  • - 38,6 milioni (9,4 milioni regolarmente) sceglie i prodotti alimentari del commercio equo e solidale;
  • - 31,7 milioni (5,9 milioni regolarmente) sceglie i prodotti etnici.


*Un alimento etnico è quello originario da paesi diversi da quello ospitante, che contribuisce ad una cultura alimentare diversa dalla tradizione locale (1).

Meglio stare alla larga dalla dieta occidentale
Gli immigrati, a loro volta, acquisiscono nuove abitudini alimentari, adeguandosi alla dieta occidentale (2) con tutti i suoi difetti; tra questi ricordiamo un alto consumo di zuccheri raffinati, alcol, grassi saturi, sale (sodio), oli raffinati e, per contro, un ridotto apporto di fibre vegetali, grassi omega-3 (di per sé e in rapporto agli omega-6) e di alcuni micronutrienti come la vitamina C.
Risulta da un’indagine che tra gli immigrati in Italia (dati Tomorrow Swg, 2007):

  • - il 62% mangia nei fast food;
  • - il 76% si reca in pizzeria o al ristorante.
Come già anticipato, pizza e panini non rappresentano lo stile alimentare mediterraneo sano, ma piuttosto la deriva verso la cosiddetta “Western Diet”, che sta contribuendo all’aggravamento dei problemi di sovrappeso, di obesità e alla mortalità per malattie cronico degenerative in Italia e nel mondo.
E’ noto che le popolazioni che migrano verso paesi più sviluppati, manifestano problemi di eccesso di peso maggiori degli abitanti dei paesi che li ospitano. E’ documentato anche il contrario, ovvero che il mantenimento delle proprie tradizioni culinarie si associa a una minor incidenza di obesità una volta che si giunge in nuovi paesi (3).

Alla ricerca della dieta perfetta
Insieme al progredire degli studi scientifici che correlano la salute dell’uomo con ciò che viene messo nel piatto, si sta assistendo alla ricerca della dieta perfetta e di cibi con proprietà salutistiche. Molti di questi alimenti appartengono alla cultura mediterranea, come ad esempio l’olio extravergine d’oliva, le noci, le nocciole, le mandorle, il pesce azzurro, la verdura, la frutta e i frutti di bosco; altri invece appartengono alla categoria dei cibi etnici o a quella dei cibi “dimenticati” e riscoperti recentemente. Tra gli alimenti etnici con particolari proprietà nutrizionali citiamo ad esempio i semi di lino, di chia, di canapa e i loro derivati, le noci di macadamia, il cocco, la quinoa, l’amaranto, l’avocado, le alghe edibili, il miso e gli altri prodotti fermentati della soia, il kefir di latte, il tè verde, il caffè, il cacao e il variegato mondo delle spezie.

Vista la carenza di fonti di acidi grassi omega-3 nella dieta occidentale e il rapporto omega-6/omega-3 sbilanciato a favore dei primi, è importante includere nella propria dieta alimenti che siano particolarmente ricchi di questi preziosi lipidi; tra questi rientrano cibi tipici di altre culture, oppure che hanno fatto parte della nostra storia passata come i semi di lino, i semi di canapa e quelli di chia. Mettiamo a confronto il contenuto di acidi grassi di questi alimenti, includendo anche i valori relativi alle noci comuni (tabella 1).


Grassi tot
g/100
SFA
g/100
MUFA
g/100
PUFA
g/100
ὠ 6
g/100
ὠ 3
g/100
Criticità
Semi di lino

42,16
3,66
7,53
28,73
5,90
22,81
vanno macinati
Semi di chia

30,74
3,33
2,30
23,66
5,83
17,83
più costosi
Semi di canapa

48,75
4,60
5,40
38,10
27,36
8,68
pochi ὠ 3
Noce europea

65,21
6,12
8,93
47,17
38,10
9,10
pochi ὠ 3
Legenda: SFA = grassi saturi; MUFA = grassi monoinsaturi; PUFA = grassi polinsaturi; ὠ 6 = grassi omega 6; ὠ 3 = grassi omega 3.
Fonte dati: USDA United States Department of Agriculture. National Nutrient Database for Standard Reference Release 28.

Nelle nostre scelte, dunque, occorrerebbe avere una visione più ampia e tendere ad un’alimentazione sana per noi e per l’ambiente, in un’ottica etica, sostenibile e, laddove possibile, a km 0. Questo non significa escludere i cibi etnici, ma vuol dire piuttosto salvaguardare l’economia delle popolazioni locali non destinando il loro cibo prevalentemente al mercato estero o disincentivando le colture ad alto impatto ambientale che soddisfano esclusivamente le richieste dei mercati più ricchi.

Dott. Francesco Bonucci - Biologo Nutrizionista - Forlì

Bibliografia
(1) Kwon D.Y. What is ethnic food? Journal of Ethnic Foods. Editorial. 2015.
(2) Cordain L. et al. Origins and evolution of the Western diet: health implications for the 21st century. Am J Clin Nutr 2005; 81:341–54.
(3) Renzaho A.M.N. Maintenance of traditional cultural orientation is associated with lower rates of obesity and sedentary behaviours among African migrant children to Australia. International Journal of Obesity. 2008; 32, 594–600.

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