sabato 15 dicembre 2012

Un altro miracoloso prodotto: Chetone di lampone


Ultimamente mi è stato chiesto sull’uso del Chetone di lampone per il dimagrimento. Purtroppo le offerte di nuovi integratori dietetici miracolosi si moltiplica ad un ritmo talmente veloce che è difficile documentarsi con la stessa velocità, ma fortunatamente per noi nutrizionisti la risposta negativa li può accomunare tutti. Non fanno dimagrire chi li assume ma fanno ingrassare le tasche di chi li produce.
Questo Chetone di lampone è passato alla ribalta grazie alla spinta pubblicitaria del dr. Oz che ne consiglia l’assunzione, insieme ad una dieta bilanciata ed esercizio fisico regolare.
Bisogna sapere che si tratta di un composto fenolico utilizzato sin dal 1920 come aroma naturale per cosmetici e attrattivo per insetti ed è estratto in natura da pesche, uva, corteccia d’albero oppure viene prodotto da specifici batteri o anche ottenuto per via sintetica (in questo caso la dizione naturale non si può utilizzare).
Le ricerche scientifiche a supporto dei suoi effetti dimagranti sono piuttosto scarse:
due riguardano studi su topi ed una è stata condotta in laboratorio (in vitro), mentre nessuna su esseri umani.
Uno di questi studi non ha prodotto effetti di dimagrimento nei topi mentre uno più recente si ma riguardava animali nutriti con una dieta particolarmente ricca di grassi. Secondo gli autori il risultato è da ricondurre alla lipolisi indotta dall'incremento di norepinefrina.

Dieta di segnale: la vera rivoluzione alimentare

Pubblichiamo per intero un articolo del dott. Luca SPECIANI sulle diete di segnale, ovvero i regimi alimentari e comportamentali che non si avvalgono di una mera restrizione calorica (di effetto rapido ma non duraturo) ma dei segnali metabolici che mirano a riportare l'essere umano al suo naturale stato di benessere: una magrezza tonica e senza deperimento.

Il sostanziale fallimento di tutti i regimi dietologici più conosciuti è sotto gli occhi di tutti. L'epidemia di obesità nei paesi industrializzati (ma ormai anche in quelli emergenti) sta assumendo proporzioni smisurate. La colpa, si sa, è di stili di vita sempre più sedentari e di alimenti sempre più raffinati e squilibrati. Le autorità sanitarie raccomandano dunque vita più sana e non meglio precisate diete "mediterranee", ricche di frutta e verdura, ma anche di pane e pasta, di formaggi e di carne o pesce nella misura in cui chi ne parla sia più o meno tendente al vegetarianesimo. La salubrità generale di una dieta completa e variata nell'individuo magro e sano non è in discussione. In discussione è il fatto che una tale dieta possa far perdere grasso a chi sia in sovrappeso: il dato è smentito dai fatti.

domenica 11 novembre 2012

Scegliere i giusti rapporti...


Prendiamo spunto dalla ‘Conversazione Scientifica’ dei giorni scorsi a Forlì della dott.ssa Carla Ferreri (primo ricercatore CNR, direttore R&D Lipinutragen srl), nella quale evidenziava come il rapporto dei grassi omega 6/omega 3 introdotti con l’alimentazione sia cambiato nel corso degli anni.
Ricordiamo che gli omega 6 e 3 sono acidi grassi fondamentali per la nostra salute e devono essere introdotti con l’alimentazione. Possono essere di origine animale o vegetale ed attualmente il loro rapporto ottimale è individuato in 4-5 omega-6 e 1 omega-3.
Le ricerche scientifiche – estrapolate tra gli altri dagli studi di Simopoulos e dalla banca dati Lipinutragen – indicano che l’essere umano ai tempi del paleolitico si nutriva con alimenti che nel loro complesso davano un apporto di omega 6/3 in una proporzione di circa 1/1. Questo rapporto ha accompagnato la nostra alimentazione fino al ‘900 inoltrato, tralasciando la crescita significativa del consumo di grassi saturi a partire dall’industrializzazione del 1800, di cui ci occuperemo in un articolo a parte.
Attualmente negli USA questo rapporto è di 17:1 e in Europa 15:1, mentre in Giappone 4:1. Purtroppo la sproporzione di omega 6 è anche correlata a diverse patologie di carattere autoimmune e infiammatorio.
Anche le membrane cellulari dei globuli rossi mostrano un rapporto di Omega6/3 ottimale che si trova nell’intervallo 3,5 -5,5 e anche questo dato indirizza ad un cambiamento delle attuali abitudini alimentari (come anche indicato dalla Lipidomica).
Non vogliamo comunque dare un messaggio sbagliato che demonizzi gli omega 6 (ricordiamo che sono indispensabili), ma invece bisogna riappropriarsi di un rapporto di grassi amico delle nostre cellule e della nostra evoluzione biologica. Quindi in quest’ottica, qualche indicazione generale non esaustiva include la riduzione di salumi, snack dolci e salati, olii di semi di mais e girasole e incremento di pesce azzurro, verdure di stagione crude e in particolare cotte, noci, olio extravergine d’oliva.

Bibliografia: A.P. Simopoulus, Evolutionary aspects of diet, the omega-6/3 ratio and genetic variation: nutritional implications for chronic diseases. Biomed & Pharmacotherapy, 2006

domenica 21 ottobre 2012

Le bevande zuccherate fanno ingrassare, lo dicono anche i ‘geni’.


E’ ormai nota l'interazione tra i geni e la dieta che prende il nome di nutrigenetica,
E’ importante chiarire che una volta scoperte la propria genetica, si può fare molto per evitare alcuni fenomeni negativi, attraverso una giusta prevenzione alimentare.

Visto il grande interesse in questa nuova disciplina, la Commissione Britannica per la Genetica Umana (HGC) ha stabilito alcune regole tra le quali il fatto che le variabili genetiche siano clinicamente validate. In quest’ottica, diffondiamo i risultati di uno studio apparso sul New England Journal of Medicine su possibili legami genetici tra adiposità e consumo di bevande zuccherate. 
Questa ricerca ha riguardato un alto numero di individui (oltre 10.000) e i risultati ottenuti confermano che l’associazione genetica con l’adiposità correla positivamente e in modo significativo con il consumo di bevande zuccherate.
A livello glicemico sappiamo che le bibita zuccherate sono tutt’altro che innocue. Il loro contenuto di zucchero per bevanda, pari a circa 2 bustine di zucchero, scatena una risposta insulinica verso l’immagazzinamento di grasso. Questo segnale agisce quindi anche sui geni deputati all’accumulo che vengono stimolati a esprimere maggiormente la loro funzione: accumulare grasso.

Bibliografia: Sugar-Sweetened Beverages and Genetic Risk of Obesity. N Eng J. of Med. October 11 2012.

mercoledì 17 ottobre 2012

Si fa presto a dire 'grassi' .... meglio farlo con la Lipidomica

Pubblichiamo il testo dell'incontro medico-scientifico sulla dinamica degli acidi grassi tra alimentazione e cellula. Tutti gli interessati sono invitati.

domenica 30 settembre 2012

Come aumentare il proprio metabolismo


Riprendiamo un articolo recentemente apparso su Best Health Magazine perché contiene alcune indicazioni condivisibili sul come aumentare il proprio metabolismo.
E' interessante notare che non c'è traccia dell'ossessivo conteggio calorico e del vecchio e falso mito degli alimenti 'light' che rendono le tavole di alcune persone male informate, luoghi estremamente tristi.

La restrizione calorica non aiuta a perdere peso (anzi grasso). Al contrario genera un rallentamento metabolico. Questo calo fa anche parte della nostra biologia ed è stimato che avvenga dopo i 20 anni d'età ad un tasso del 2% circa ogni 10 anni.
Vediamo quindi le strategie per incrementare il nostro motore interno durante la giornata.

Consumare tè verde al mattino o durante la giornata. E' dimostrato che tale bevanda stimoli il metabolismo, così come il caffè, senza però avere le controindicazioni (spesso sovrastimate) di quest'ultimo.

Una colazione abbondante può incrementare il metabolismo fino ad un 10%!
Elemento cardine anche della dieta Gift. In particolare se includiamo anche proteine e grassi sani come quelli contenuti nello yogurt greco (più proteico), noci, nocciole e anche uova.
Uno studio del 2010 su 'International Journal of Obesity' riela che una colazione ricca di grassi polinsaturi, aiuta l'organismo a bruciare più carboidrati e grassi di deposito per il resto della giornata.

Eseguire esami del sangue che occasionalmente includano anche i marcatori tiroidei, chiedendo indicazioni al proprio medico di base.

sabato 15 settembre 2012

Piante in casa


Nel nostro blog non ci occupiamo solo di alimentazione ma anche di tutto ciò che risulta essere legato alla salute e al benessere.
Parliamo di un argomento molto studiato negli Stati Uniti e che riguarda l'inquinamento degli ambienti domestici da sostanze, sopattutto chimiche, utilizzate nella produzione dei mobili, presenti nelle vernici, materiali isolanti, detergenti, disinfettanti, ecc.
L'Agenzia di Protezione Ambientale statunitense (EPA), sostiene che attualmente, questo tipo di inquinamento sia quello che sta crescendo più rapidamente assumendo proporzioni preoccupanti. Questo fenomeno è anche legato al miglioramento degli standard di isolamento degli edifici per motivi di risparmio energetico, ma che conseguentemente, riducono i ricambi d'aria aumentando la permanenza delle sostanze indesiderate negli ambienti chiusi.
Gli effetti sulla salute umana rientrano sotto il nome di 'sindrome da edificio malato' e i disturbi variano da cefalea, stanchezza, vertigini, irritazione al naso, agli occhi e del tratto superiore delle vie respiratorie.
I ricercatori della NASA hanno scoperto che, particolari tipologie di piante verdi, provvedono non solo a produrre ossigeno, ma anche a rimuovere dall'aria che respiriamo, sostanze come formaldeide, benzene, tricloroetilene.
Lo studio ha riguardato 19 diverse tipologie di piante e tra le migliori sono risultate l'edera (Hedera helix), elatum (Chlorophytum comosum), potus (Epipiremnum aereum), palma nana (Chamaedorea sefritzii), Sansevieria trifasciata, dracena (Dracaena spp.).
Arricchiamo i nostri ambienti con piante sia come elemento d'arredo che come cura per il nostro 'edificio malato'!